Oggi vorrei parlare di qualcosa di più astratto che dei risultati delle squadre impegnate in campionato o nelle competizioni europee. Spero vogliate perdonarmi se vi sembrerò stucchevole e patetico, ma oggi non mi sento molto allegro. Non posso ammorbare chi mi sta accanto con quintalate di pensieri negativi, e allora lo farò qui, tanto non credo che nessuno se ne avrà a male.
Ho sempre pensato che per criticare sia necessario conoscere. Quante volte avete sentito frasi del tipo "Ma cosa ci trovate in 22 stupidi in mutande che corrono dietro a un pallone?", oppure "Madonna, sto calcetto vi ha tarlato il cervello! No, tu stasera vieni con me a fare shopping, devi comprarti una camicia, sembri un barbone!". Peggio ancora: "No, a me il calcio non interessa. Io leggo, faccio cose, vedo gente, la domenica però vado all'Iper di Montebello a fare un giro". Partendo dal presupposto che siamo liberi di impegnare il nostro tempo come ci pare e piace, ecco alcuni motivi per i quali a volte, una partita di calcio, che sia giocata o vista alla tv è molto di più che 90 minuti di sport.
Il campo da calcio, calcetto, calcio a 7, quello che è, non mente. Mai. Se fai cagare fai cagare. Se sei bravo sei bravo. Niente trucchi, mezze misure, cose non dette. Anzi. Lui dice sempre tutto, è lo specchio di noi stessi per quel periodo di tempo in cui ci giochi sopra. Ricordo che dopo un enorme casino da me combinato, che si è portato via per sempre buona parte dei miei amici, i quali non hanno più intenzione di avere a che fare col sottoscritto, la prima cosa che ho fatto è stata andare a giocare a pallone. Risultato? Il nulla. Non l'ho mai vista, non ci credevo, non avevo più fiducia in me stesso. Proprio come nella vita.
La squadra è come una famiglia. Durante la partita si collabora, ci si aiuta, ci si incoraggia, a volte si litiga anche. Ma si corre tutti per lo stesso risultato. La vittoria. Perchè per partecipare e chiamare il Cassinetto non ci vuole un genio del pallone.
A volte succedono anche cose inaspettate: semifinale mondiale 2006, Germania - Italia. Una bolgia, piena di crucchi che ci sfottevano dicendo che siamo solo pizza e mandolino. Mandolino un cazzo. Fabio Grosso, all'epoca terzino sinistro del Palermo, lancia una saetta all'angolo scoperto di Lehmann, che nulla può contro il volere degli dei del pallone. Il ragazzo si gira, corre, piange, urla "Non ci credo..., non ci credo...". Ecco. Non è solo un goal. C'è di più. L'immagine di uno a cui è stato detto da sempre "vola basso", "non fa per te", "altro che pallone, vai a lavorare", che invece ha dimostrato a tutti il contrario. Spesso messaggi come questo aiutano anche nella vita.
Non ho problemi a dirlo: io la domenica la aspetto come un bimbo aspetta Natale. E alle 15 comincia lo spettacolo, loro in campo, io sul divano. Per 90 minuti ti dimentichi tutto: liti, debiti, scazzi, paure, ansie, bollette, ecc ecc. Hai detto niente...
Mi sa che posso fermarmi qui.
T
Grazie per questa interpretazione diversa del calcio :-)
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